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mercoledì 11 maggio 2016

TAJARIN ALLE ORTICHE CON PANNA SPECK E NOCI PER IL RISVEGLIO DI UN MONDO ADDORMENTATO.


Abbandonata da mesi. 
Il passaggio nell'erba tagliato da un amico. Resti dei soffioni del tarassaco che levitano ad ogni nostro passo.
Il glicine potato massivamente in autunno coperto da un'onda profumata di petali violetti.
I cespugli con i fiori bianchi che si sono appropriati ormai di parte del cammino che guida verso la casa.
Un profumo di mughetti che ci saluta, dal giardino della nostra vicina, e (finalmente) anche dalla nostra aiuola.
Ussignur: aiuola è un eufemismo. 
Un ammasso di piante che abbiamo piantato con mani inesperte e che si sono anarchicamente appropriate del loro spazio; sgomitando, soffocandosi, avviluppandosi l'una all'altra.
Poi in fondo si intravede la scala, coperta dalle rose rampicanti che ogni anno diventano sempre più piccole e selvatiche e che, proprio per questo, aggiungono un fascino da castello della bella addormentata.
Addormentata come sembra la facciata della casetta gialla. Con le persiane bordeaux chiuse come palpebre di una principessa dimenticata.
Chiusa con le sue mura di pietra spesse anche mezzo metro. 
Un freddo da ghiacciaia, di quelle di una volta, che apri la porta e ti risucchia l'inverno.
Un odore di chiuso e di camino spento, di un mazzo di foglie di alloro lasciato seccare in un vaso vuoto.
Cigola la porta, quasi a dar modo al il nostro fantasma, la custode Verginia,  di correre a nascondersi tra le ombre del sottoscala.
Poi le palpebre si alzano, le persiane si spalancano e il sole, che scalda il muro da fuori, irrompe tagliando il buio come una lama.
Aria. Ci vuole aria. 
Aria che fa palpitare lievi le ragnatele che legano angoli, volando come impalpabili trapezi sotto le travi. Le stesse ragnatele che disferò questo pomeriggio e ritroverò beffarde domattina, frutto del lavoro perseverante di un ragno gambalunga che (sono sicura) mi sta fissando offeso dalla fessura dove si nasconde. 
La stufa ancora guasta che aspetta di essere sostituita e la legna già pronta nel camino.
Poi, dalle finestre della sala, la vista del nostro terreno, coperto da una miriade di fiori di fragola. Di quelle piccoline, profumate, che vedremo (forse) mature solo ai primi di Luglio.
E oltre? Oltre ci sono le ortiche. Padrone indiscusse dello spazio aperto attorno alla casetta gialla.

Disdegnate da caprioli, daini e cervi, irrompono ogni primavera.
Ma io non mi lascio intimorire. Con loro ho un conto aperto da quando, paffuta e vivacissima bimbetta, ci finii a faccia in giù, in un cespuglio che mi rese irriconoscibile per alcune ore.
Io le ortiche me le mangio! E le faccio mangiare anche alla famiglia. Negli anni ho avuto modo di provare tante ricette gradevoli ma, tra tutte, quella che viene apprezzata di più è senz'altro quella dei tagliolini o, visto che siamo in Piemonte, dei tajarin.
La scoperta poi di una rivendita di un allevamento di mucche della zona, con formaggi freschi e non, tutti profumatissimi e un burro "che parla" e una panna "vera" ha fatto il resto per il condimento.
Poca spesa, tanta resa... con un sapore che farebbe risvegliare anche la Bella Addormentata.

TAJARIN ALLE ORTICHE CON PANNA SPECK E NOCI.







Mondate e lavate le foglie di ortica sotto l'acqua corrente. Scottatele per un paio di minuti in acqua bollente. Scolatele, strizzatele e tritatele finemente.



Setacciate le due farine sulla spianatoia formando una fontana. 
Rompete l'uovo al centro, aggiungete le ortiche tritate e, aiutandovi con una forchetta, cominciate ad incorporare i liquidi alle farine.
Se dovesse risultare troppo asciutto, aggiungete al massimo mezzo guscio d'uovo colmo d'acqua.





Impastate sino ad ottenere un impasto elastico e fatelo riposare almeno 30 minuti coperto da una ciotola.





Tirate la sfoglia non troppo sottile. Infarinatela e tagliate i tajarin con un coltello affilatissimo ad uno spessore di 2/3 mm.
Spolverateli con la semola e fateli asciugare su un canovaccio pulito.







Tritate lo scalogno molto finemente. Mettetelo in una padella con il burro e fatelo appassire.
Aggiungete lo speck tagliato a listarelle e fate stufare per 5 minuti a fuoco vivace facendo attenzione a non far bruciare lo scalogno.


Aggiungete la panna da cucina, sale, pepe e fate ritirare la salsina per 5/10 minuti. Aggiungete le noci spezzettate grossolanamente.
Spegnete e tenete in caldo.





Fate cuocere i tajarin in acqua bollente e salata per 2/3 minuti (sono talmente sottili che cuociono velocemente). Scolateli e fateli saltare nella salsa.


Sorridete, state pranzando da re!

6 commenti:

  1. L'abbinamento speck e noci e uno dei preferiti del Sig.Darcy anche senza soffrittino di scalogno e infatti questo (magari con la ricotta morbida al posto della panna) è uno dei condimenti che utilizzo per una pasta veloce ma saporita. Voglio provare invece a utilizzare le ortiche per la pasta fresca o il risotto: gli uomini di casa che faccia faranno?

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    1. Basta NON dirlo agli uomini di casa.....
      ;-)
      Baci
      Nora

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  2. Che sogno! Un bacio alla bimba caduta nell'ortica, però.

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  3. Bella ricetta ma non ho capito come e quando metti le noci.
    Grazie e complimenti per il tuo blog
    Piera

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    1. Grazie Piera, in effetti non avevo indicato. Ho corretto la ricetta ora e le aggiungo quando si ritira la salsina.
      Buona giornata.
      Nora

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  4. Che simpatico commento. Molto poetico! Provero' la ricetta, e' molto intrigante. Grazie!

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